venerdì 24 febbraio 2012

Il fardello della gratitudine


L'ingratitudine è una delle peggiori manifestazioni del comportamento umano, almeno a mio parere; non essere grati e riconoscenti verso coloro che ci hanno aiutato quando ne avevamo bisogno o semplicemente regalato soddisfazioni e bei momenti è da persone aride e prive di umanità. Siccome il nostro Presidente, nonostante possa avere altri difetti non è certo annoverabile fra questo tipo di persone, si è sentito in qualche modo in debito con i giocatori che hanno reso possibile la coronazione di quello che era un suo sogno già quando assunse inizialmente la presidenza dell’Inter: tornare a vincere, ma soprattutto riportare sulla sponda nerazzurra del Naviglio quella Coppa dei Campioni che per ultimo vi aveva portato suo papà ben 45 anni prima.

Sicuramente c’è stato anche un discorso di progressivo disimpegno economico che ha portato a frenare sull’ingaggio di quelli che potevano e dovevano essere giocatori che avrebbero garantito un ricambio di qualità, ma io sono abbastanza convinto, o forse semplicemente mi piace crederlo, che questo sentimento di gratitudine abbia avuto un suo peso nelle valutazioni personali di Moratti verso questi giocatori. Non è facile convincersi che grandi giocatori e grandi uomini di sport possano arrivare un giorno a non farcela più: ci sono cascati in tanti su questo errore, i primi che mi vengono in mente Bearzot dopo i Mondiali di Spagna del ’92 e Lippi dopo quelli di Germania 2006.

La gratitudine e la riconoscenza hanno probabilmente impedito al nostro Presidente di rendersi conto fino in fondo che oltre a Materazzi e Cordoba, anche Zanetti, Stankovic, Cambiasso, Chivu, Samuel, Lucio, Maicon, Motta e Milito necessitavano, seppure ognuno in misura diversa, di essere inizialmente affiancati, per essere poi progressivamente sostituiti, da giocatori più giovani che garantissero almeno un buon livello di competitività, visto che sarebbe stato comunque quasi impossibile ricreare la magica ed irripetibile squadra del Triplete con le risorse finanziarie a disposizione attualmente della famiglia Moratti. E’ la dura legge del calcio e dello sport in generale: arriva prima o poi il momento nel quale qualsiasi atleta, anche il più professionale e straordinario (vedi Zanetti), non riesce più a mantenere un certo livello. Il nostro Presidente, che probabilmente molto più di altri, è un istintivo, un passionale e un innamorato della propria squadra ha ecceduto in gratitudine e ha ritenuto, o forse più sperato, che questi giocatori potessero durare ancora due o tre stagioni, e ha fatto sì che fossero affiancati da giovani non ancora affermati in maniera da spendere meno e creare loro al contempo una concorrenza diciamo più “morbida”.

Il guaio è che in questa maniera non è stato fatto l’interesse di nessuno: né il suo personale, né quello della Società, né quello dei giocatori stessi. Suo perché se avesse ceduto l’Inter dopo la conquista della Champions o del Mondiale per Club, avrebbe realizzato più del doppio di quello che realizzerebbe cedendola ora, oltre ad uscire di scena da vincitore e a “testa alta”. Della Società perché in questo modo l’ha portata nel bel mezzo di una palude dalla quale sarà molto difficile uscirne in tempi ragionevolmente rapidi. Dei giocatori perché gente che fino a poco tempo fa era ai vertici del calcio mondiale si ritrova ora esposta al pubblico ludibrio e rischia di concludere una fantastica carriera nel peggiore dei modi. A proposito di ludibrio non ho degnato di una sola parola la vicenda dello striscione fatto impugnare a Filippo, un bambino di 9 o 10 anni, prima della gara casalinga contro il Bologna; chi glielo ha messo in mano ha dimostrato falsità, vigliaccheria, poca intelligenza e scarso attaccamento ai nostri colori. Falsità perché Filippo, data la sua età, non può essere stato preso in giro più di tanto dai suoi compagni di scuola (al massimo qualche mese); semmai è lui che per anni li ha potuti “sbeffeggiare” un bel pò.

Vigliaccheria perché se si ha qualcosa da contestare non si approfitta di un bambino per dare voce alle proprie rimostranze, tipo l’aberrazione assoluta di chi porta bambini in piazza a contestare con cappellini e bandiere di questo o quel colore politico. Poca intelligenza e scarso attaccamento perché in questo modo si ridà fiato a quelli che nell’era “moggiana” sbeffeggiavano l’Inter con barzellette varie e ogni tipo di battute più o meno azzeccate: contrariamente ad allora adesso un recentissimo passato vincente possiamo vantarlo eccome, e di fronte a certe battute o insinuazioni l’atteggiamento giusto sarebbe a mio parere quello di “sfanculare” qualcuno. Non abbiamo troppo fretta di ritornare i perdenti simpatici, rimaniamo anticipatici ancora per un po’, anche se non vinciamo; tanto ci massacrano comunque. Questo discorso mi dà anche lo spunto di tornare su quello che qualcuno potrà anche ritenere un mio “chiodo fisso”, ma un’Inter di nuovo perdente e allo sfascio, darà maggior vigore alle tesi revisioniste di tutti coloro “giovin signore” in testa, che pretendono di riscrivere la storia secondo l’equazione: "Ho vinto io, quindi è andata come dico io".

La storia, si sa, l’hanno sempre scritta i vincitori, un po’ dappertutto, ma soprattutto in un Paese senza spina dorsale e memoria storica come il nostro, dove ogni vicenda, anche la più lineare e scontata, viene periodicamente riaperta e rimessa in discussione. Qualcosa mi dice che la vicenda dello Scudetto nr. 14 non sia ancora finita, e farsi trovare ad affrontarla nelle condizioni in cui siamo e soprattutto rischiamo di essere nei prossimi anni, non rappresenta certo un punto di vantaggio. Sarà molto più facile per i revisionisti far passare la tesi: "Moratti e l’Inter hanno vinto quando Calciopoli ha messo fuori gioco la Juve: quind questi vanno risarciti in qualche modo". Anche da questo punto di vista, purtroppo, il Presidente non ha fatto un favore a nessuno, menchè meno a se stesso.

Seppure nei modi e nei tempi sbagliati, come avevamo scritto a suo tempo in uno dei più commentati post del vecchio Blog “IOINTERISTA.COM” (peraltro ancora on-line), “Ciccio” Benitez aveva avuto le sue buone ragioni ad essere incavolato e ad avere picchiato i pugni sul tavolo, perché pur avendo commesso degli errori dal punto di vista della preparazione atletica, aveva però capito che si stava imboccando una strada che avrebbe portato al disastro. A questo punto lancio una provocazione: perché non riaffidare a lui la guida tecnica per il tentativo di ricostruzione che sarà inevitabilmente da affrontare nella prossima stagione? Mou non torna, almeno per i prossimi 4/5 anni. Guardiola non viene: anche ammesso che si sia stufato di stare a Barcellona, per lasciare quella fantastica squadra esigerebbe investimenti per 100/120 milioni più il suo ingaggio e quello del suo entourage. Capello sta sulle balle a tutti e dal punto di vista investimenti porterebbe lo stesso problema di Guardiola. Potrebbe essere Villas Boas, ma anche lui ha dimostrato dei limiti e di essere in difficoltà in un ambiente un pò restio a rinnovare e con un livello di pressione decisamente inferiore di quello che troverebbe all’Inter. E' vero che i cavalli di ritorno di solito non funzionano, ma il corpulento spagnolo, oltre a essere un buon tecnico, avrebbe dalla sua il fatto di essere rimasto tutto sommato troppo poco nell'ambiente per essere condizionato da un eventuale ritorno e stavolta avrebbe dalla sua più voce in capitolo nelle scelte, dal momento che ha dimostrato che una buona parte di ragione ce l’aveva eccome.

Alex

4 commenti:

  1. Si, ma intendevo dire che non gli hanno messo un mano una brandiera con la svastica o con la falce ed il martello Alex, quello intendevo, solo che secondo me non è così grave :) Comunque se n'è parlato tanto per un semplice motivo: parlare di altro, oggi, è difficile per l'Inter se non vuoi cadere in uno sconforto totale!

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  2. Il ritorno di Benitez?? Magari!!!!!

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  3. Ciao a tutti! Alex, concordo con te sul discorso di giocatori come Zanetti e Cambiasso: è un colpo al cuore per me, dopo ogni partita, dover dire che forse, uno dei due, era meglio tenerlo in panca a riposare e recuperare energie fische e mentali. Hanno sbagliato tutti nei piani alti, il problema è che non sono ancora sicuro se l'abbiano realmente compreso! Non sono invece d'accordo nella tua analisi sullo striscione di Filippo, sei stato troppo duro secondo me. Era un cartellone ironico, molto simpatico, che rispecchiava un pò la situazione che tutti noi stiamo vivendo per "colpa" della nostra squadra. Penso sempre che un pò di ironia non faccia mai male, soprattutto se è rivolta verso se stessi :)

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  4. Ben venga l'ironia e un pò di sana autoironia; mai prendersi troppo sul serio, specialmente se si tratta di calcio. Se rileggi bene il mio post, Andrea, io non ho criticato lo striscione in quanto tale: ho criticato il fatto che l'abbiano messo in mano a un bambino. O vogliamo credere che Filippo si sia preso l'iniziativa da solo? Queste sono cose che non mi piacciono. Poi è anche vero che gli unici autoironici sappiamo essere noi, giacchè nelle altre tifoserie è merce molto rara, mi sembra; ed essendo gli unici a praticarla i media ne approfittano per rivoltarcela contro. Comunque lo striscione di Filippo è l'ultimo dei nostri problemi e se ne è già parlato anche troppo!

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