domenica 29 aprile 2012

Zarate stende il Cesena. E ora il terzo posto è lì

Dopo 90 minuti di suspense in cui ha dominato ma ha anche rischiato la beffa, l’Inter conquista i tre punti contro il Cesena e vede da vicino (anzi da vicinissimo) il terzo posto. Stramaccioni deve ancora fare a meno di Zanetti e Chivu, manca anche Stankovic squalificato mentre Julio Cesar dà forfait per un problema al gomito. I nerazzurri quindi si scherano con Castellazzi in porta, Maicon, Lucio, Ranocchia e Nagatomo in difesa, Obi e Guarin insieme a Cambiasso a centrocampo e Alvarez e Sneijder a supporto dell’unica punta che è Pazzini, rilanciato dal primo minuto.
E’ l’Inter che fa la partita, anche in virtù del fatto che il Cesena è ormai matematicamente retrocesso. I nerazzurri creano molto e sono padroni assoluti del gioco ma nei metri finali non riescono a concretizzare. Nelle rare occasioni in cui inquadrano lo specchio della porta trovano in Antonioli un muro insuperabile.
Dopo un primo tempo chiuso a reti bianche, l’Inter nella ripresa molla un po’ la presa e dopo una traversa colpita da Iaquinta va in svantaggio. Contropiede del Cesena, retroguardia nerazzurra che lascia molto a desiderare e Ceccarelli trafigge Castellazzi. Il vantaggio romagnolo per fortuna dura solo due minuti. Un tiro senza pretese di Obi trova la deviazione di Von Bergen e si infila alle spalle di Antonioli.
Stramaccioni sostituisce Pazzini con Milito e poi Alvarez con Zarate. Ed è proprio l’ex laziale a trovare il gol vittoria, al termine di un’azione insistita dei nerazzurri, sfruttando al meglio un cross di Guarin e spedendo di testa in rete la palla che vale tre punti e una vista sul terzo posto. L’Inter avrebbe l’occasione di arrotondare il risultato ma Antonioli si oppone. Finisce 2-1. Il terzo posto che qualche settimana fa sembrava impossibile è diventato realtà. I nerazzurri infatti hanno momentaneamente raggiunto Lazio e Napoli terzi in attesa di Udinese-Lazio di questa sera.
Buona la prova della squadra anche se non possiamo essere pienamente soddisfatti. Abbiamo sudato più del previsto, abbiamo creato molto senza riuscire a concretizzare sotto porta e in difesa prendiamo ancora troppi gol. Inoltre per la quarta volta nella gestione Stramaccioni siamo andati in svantaggio. Un segnale tutt’altro che positivo.
Ora ci aspetta un tour de force finale da brividi. Mercoledì andiamo a Parma, domenica prossima c’è il derby e poi chiudiamo a Roma con la Lazio. Tre sfide decisive per la corsa al terzo posto, tre sfide che, per usare una metafora ciclistica, sono tre scalate sul Pordoi. Riusciranno i nostri eroi… Non lo so, però noi ci crediamo.

IL TABELLINO
Serie A 2011-2012 – 35^ Giornata
INTER-CESENA 2-1
57' Ceccarelli - 59' OBI – 72’ ZARATE
INTER (4-3-2-1) Castellazzi; Maicon, Lucio, Ranocchia, Nagatomo; Guarin, Cambiasso, Obi; Alvarez (dal ’21’ s.t. Zarate), Sneijder (dal ’35’ s.t. Poli); Pazzini (dal ’15’ s.t. Milito)
A disp.: Orlandoni, Cordoba, Faraoni, Forlan.
All.: Stramaccioni
CESENA (5-3-1-1) Antonioli; Ceccarelli (dal ’40’ s.t. Djokovic), Benalouane, Von Bergen, Rodriguez, Comotto (dal ’19’ s.t. Martinho); Santana, Guana, Parolo; Mutu (dal ’30’ s.t. Lolli); Iaquinta .
A disp.: Ravaglia, Rossi, Arrigoni, Malonga.
All.: Beretta
Arbitro: Romeo
Entius
sabato 28 aprile 2012

Inter-Cesena: numeri, curiosità e la colonna sonora del match

Inter-Cesena, 29/04/2012 ore 15:00, San Siro
Essere arrivati a questo punto della stagione, dopo un'annata, calcisticamente parlando, da incubo ed essere ancora in gioco per il terzo posto, beh, è una vera botta di culo. Non possiamo di certo addossarci meriti che non abbiamo, ma sfruttare i demeriti altrui non è reato e neppure cosa eticamente poco corretta, per cui affrontare con la giusta concetrazione le sfide che ci restano da qui alla fine del campionato è un obbligo. Il terzo posto valido per la Champions League non è solo un obbiettivo meramente "di meta", sportivo, è un punto d'arrivo necessario per una squadra che pretende di mantenersi ai vertici del calcio italiano e che vuole lottare nel calcio europeo. Significa soldi, ecco perchè Moratti, nemmeno dopo aver cacciato Ranieri, quando la situazione appariva disperata, ha smesso di credere al terzo posto: era obbligato a farlo, i conti sono in rosso e non arrivare in Champions sarebbe un'ulteriore mazzata pesantissima anche in vista dell'arrivo del fair play finanziario. Detto ciò, Lazio, Udinese e Roma ci stanno dando una bella mano mentre il Napoli sembra motivato tanto quanto noi. Proviamoci, poi "que sera, sera", come cantava Doris Day.
Inter e Cesena si sono affrontate, nella loro storia, appena 27 volte ed in ben 16 sfide i nerazzurri si sono aggiudicati i tre punti, mentre i bianconeri romagnoli si sono presi il bottino pieno soltanto 2 volte, con le restanti 9 partite finite in parità. 4 di queste partite sono state giocate in Coppa Italia ed in entrambe le doppie sfide l'Inter si aggiudicò l'andata per 1-0 e pareggiò il ritorno 0-0. Diventano dunque 23 gli incontri in campionato tra le due formazioni, ma sempre l'Inter resta in forte vantaggio sul numero delle vittorie. A Milano, Inter e Cesena, hanno giocato 11 volte, con 7 vittorie dei nerazzurri, 3 pareggi ed una sola vittoria per i cesenati, risalente alla stagione 1974/1975, per 0-1, con gol di Orlandi. 28 è il numero di gol realizzati in queste undici sfide milanesi e ben 19 di essi sono stati messi a segno dai giocatori in maglia nerazzurra, mentre soltanto 9 dai bianconeri. Il miglior marcatore interista, in queste sfide, è ancora oggi "Spillo" Altobelli, con 5 reti in tre partite casalinghe contro i cesenati, di cui 3 realizzate nella sfida del 20 marzo 1983 con l'Inter che si impose, in rimonta, per 3-1, dopo il gol in avvio di Schachner per i romagnoli. Walter Schachner è stato uno dei più forti giocatori del calcio austriaco (e ciò fa capire molte cose....), attaccante dal fisico scolpito nel legno, che militò nel nostro campionato dal 1981 al 1988 con le maglie di Torino, Avellino e Cesena appunto. Nella squadra bianconera restò due stagioni e fu la sua prima esperienza italiana: in 58 presenze realizzò ben 17 reti, di cui 3 a noi. Siamo dei talenti nello scovare giocatori sconosciuti che ci segnano gol a caso, Schachner è solo un esempio. Fatto sta che ogni volta che segnò lui, noi realizzammo 3 gol e portammo sempre a casa la vittoria. Oggi allena il LASK Linz, con cui però è retrocesso.
Zarate e Milito potrebbero essere gli uomini del match
L'Inter di Strama arriva alla partita in buona forma, con una sola sconfitta nelle ultime dieci gare ufficiali (numeri pazzeschi tenendo conto del fatto che le sconfitte, quest'anno, sono state ben dodici): solo il 25 marzo scorso, a Torino, non portammo a casa punti lasciando il bottino pieno alla Juventus. Il giocatore nerazzurro più in forma è, senza ombra di dubbio, Milito, con ben 17 gol messi a segno in questo 2012, goleador dell'anno solare a pari reti con il napoletano Cavani. Grazie a qeusta vena realizzativa, il Principe, ha toccato quota 20 in campionato, obbiettivo che raggiunge per la 6a volta in carriera, alla faccia di chi lo ritiene poco continuo. Al suo fianco, nel reparto avanzato, potrebbe trovare spazio Mauro Zarate e non sarebbe una cattiva idea, visto che Antonioli, estremo difensore del Cesena, è il portiere a cui ha segnato più gol, a pari merito con Mirante e Castellazzi, ovvero 3 dei suoi 35 gol totali in Serie A. Il Cesena, a seguito della sconfitta maturata mercoledì contro la Juventus, è la prima squadra della stagione ad essere matematicamente retrocessa in Serie B e ciò è dovuto ad una serie incredibile di partite senza vittorie: ben 16, ovvero dalla sfida casalinga contro il Novara del 15 gennaio scorso. Nelle successive partite sono stati 7 i pareggi e 9 le sconfitte. Curioso infine notare come Inter e Cesena siano a pari merito in una classifica non tanto invidiabile, cioè quella dei rigori fischiati contro: entrambe le squadre hanno dovuto subire 10 rigori quest'anno e per i nerazzurri è un record avendo superato i 9 a sfavore della stagione 1985/1986.
Valutando il calendario di questo weekend, senza ombra di dubbio, noi abbiamo il turno più semplice ed anche le altre sfide sembrano avvantagiarci, difatti le nostre dirette rivali si affronteranno tra di loro: il Napoli va a Roma, stasera, ad affrontare la compagine di Luis Enrique, mentre domani sera Udinese e Lazio si affronteranno in un match delicatissimo. L'imperativo quindi è soltanto uno: vincere. Non ci sono scelte o vie di mezzo, una sfida del genere va vinta e poi il pallino passerà alle rivali, ma noi, finchè possiamo, dobbiamo fare il nostro. Come cantava Doris Day, "que sera, sera", ma non possiamo avere rimpianti, per quest'anno abbiamo già dato direi.

La colonna sonora:
DORIS DAY - QUE SERA, SERA (WHATEVER WILL BE, WILL BE)


Andrea - Inter Cafè
mercoledì 25 aprile 2012

Udinese-Inter 1-3: torna la fantasia, Wesley e Ricky per il 3° posto!

Ricky e Wes, i protagonisti dell'1-3 ad Udine
Era una partita che contava tantissimo per tutta l'Inter ma, soprattutto, per Stramaccioni. Non tanto perchè la sua riconferma sarebbe passata dal risultato di oggi, ma perchè le parole di ieri erano state chiare, secche e, per certi versi e secondo molti, utopistiche. Il 3° posto non era impossibile, ma sicuramente molto difficile, almeno prima di oggi. La sconfitta della Lazio, a sorpresa, a Novara, la sconfitta della Roma contro la Fiorentina e la nostra vittoria sul difficile campo di Udine (solo il Milan, quest'anno, era riuscito a vincere, il 18 febbraio scorso con gol in extremis di Maxi Lopez) riaprono decisamente i giochi Champions: Lazio ferma a 55 punti, tallonata dal Napoli a 54, e poi noi a pari con l'Udinese a quota 52, ma in vantaggio sui friulani grazie ai due gol di scarto di oggi che ci portano davanti negli scontri diretti.
Lo Stadio Friuli ricorda ancora una volta Piermario Morosini, ma vive una partita di grande importanza che Stramaccioni ha detto di non sentire come una finale, anche se i presupposti sono gli stessi di una partita decisiva. Lasciato a casa Forlan (finalmente! A casa mia s'è aperto uno chardonnay d'annata in onore dell'evento) ed in panchina Zarate, il mister opta per un 4-3-2-1 dove Alvarez ed il rientrante Sneijder giocano alle spalle di Milito. Loro due diventano il bilancino della partita: l'avvio non è dei migliori, con i due che si pestano i piedi e faticano a coordinarsi nei movimenti offensivi, sbagliando molto e lasciando il Principe solo in attacco. Così l'Udinese può spingere e trovare anche il vantaggio con Danilo grazie ad un bel tiro dal limite dell'area. Sfiorano anche il due a zero i bianconeri, ma Armero, grazie a Dio, spreca.
Il gol dell'1-2 di Sneijder: bellissimo colpo sotto
A questo punto è la fortuna a guardarci in faccia finalmente, infatti il tiro di Sneijder al 9° non è irresistibile, ma Handanovic, non aiutato da un rimbalzo strano, manca la presa ed il pallone finisce in rete per l'uno ad uno. L'Udinese subisce il colpo, rallenta e non riesce più a cambiare marcia mentre noi cresciamo e nel ritmo blando che prende la partita dominiamo senza mai soffrire. I due trequartisti riescono finalmente a prendersi le misure ed a trovare le loro perfette posizioni in campo, dialogando ed offrendo palloni interessanti davanti, ma è importantissimo il gran lavoro svolto in mezzo al campo da Stankovic, regista di primo livello oggi ed onnipresente, e soprattutto da Guarin, tornato titolare e che sforna una prestazione importante fatta di corsa, tante palle recuperate ed anche qualche interessante incursione offensiva. Il colombiano vince tutti i duelli in mezzo al campo e proprio da una palla recuperata nasce il vantaggio nerazzurro: verticalizzazione veloce per Milito che in area frena ed attende l'inserimento di Wesley, servito perfettamente dall'argentino e che conlude a rete con un tocco sotto morbido dolcissimo che batte Handanovic nuovamente. I bianconeri non riescono a scuotersi ed il gol preso al 27° butta ancora più a terra il loro morale. Provano a spingersi in avanti ma lo fanno senza ordine e con fatica, tant'è che l'Inter, al 37°, trova anche l'1-3 in contropiede con Alvarez, bravissimo ad involarsi verso l'area avversaria, fintare il rientro sul suo sinistro e concludere invece a rete con un diagonale destro sporco, ma vincente.
Guarin sfodera una grande prestazione oggi!
L'ottima Inter dei primi 45 minuti si spegne nella ripresa, almeno offensivamente, dove Sneijder ed Alvarez lasciano il palco ai centrocampisti ed ai difensori: come già detto, Stankovic e Guarin giocano alla grandissima, mentre dietro Lucio pare essere tornato ai livelli dei tempi d'oro e guida alla perfezione anche Ranocchia, mai disattento e sempre ben posizionato. I bianconeri spingono forte, ma lo fanno senza idee (anche perchè i loro migliori appaiono obnubilati, ovvero Di Natale, Armero ed Asamoah) e con disordine, trovando praticamente solo un'occasione al 62° con Di Natale. Gli ultimi dieci minuti diventano una sfida a chi resiste di più perchè anche la stanchezza inizia a farsi sentire, con molti nerazzurri che più volte si accasciano a terra vittime di crampi o altri dolori muscolari. Milito deve lasciare il campo proprio per un indurimento del muscolo della coscia sinistra (si spera nulla di grave), ma anche Lucio, Ranocchia, Stankovic e Cambiasso risultano essere molto provati. I bianconeri trovano così almeno due occasioni, con Floro Flores all'82° e con Benatia all'84°, ma, stranamente, la nostra retroguardia regge fino all'ultimo. 1-3 ad Udine, una vittoria che pesa tantissimo.
Sono molti i lati positivi che si possono trarre dalla partita di oggi pomeriggio, anzi, praticamente si possono avere solo indizi positivi perchè il calo della ripresa è frutto, a mio parere, della stanchezza e della grinta dell'Udinese che non è a 52 punti in classifica a caso. Se le parole di Stramaccioni potevano sembrare utopistiche fino a poco tempo fa, oggi paiono quelle di un uomo convinto dei propri mezzi e soprattutto dei mezzi dei suoi ragazzi; di un uomo consapevole che fare undici punti in cinque partite è un ottimo risultato, soprattutto visto l'andamento delle altre; di un uomo che ci ha creduto molto più di tutti noi ma che ha convinto, oggi, anche noi a crederci. Ci crediamo, ci crediamo adesso, grazie ragazzi, grazie Strama!

TABELLINO: Udinese-Inter 1-3
Udinese (3-5-1-1): Handanovic; Benatia, Danilo, Domizzi; Basta (15' st Pereyra), Pinzi, Pazienza (32' st Torje), Asamoah, Armero (15' st Pasquale); Floro Flores; Di Natale. A disposizione: Padelli, Barreto, Abdi, Ekstrand. All.: Guidolin.
Inter (4-3-2-1): Julio Cesar; Maicon, Lucio, Ranocchia, Nagatomo; Guarin, Stankovic, Cambiasso; Alvarez (20' st Obi), Sneijder (41' st Poli); Milito (40' st Zarate). A disposizione: Castellazzi, Cordoba, Pazzini, Faraoni. All.: Stramaccioni.
Arbitro: Banti
Marcatori: 6' Danilo (U), 10', 28' Sneijder (I), 37' Alvarez (I)
Ammoniti: Danilo, Floro Flores (U), Stankovic (I)

Andrea
lunedì 23 aprile 2012

Juventus o Milan? Il grande dilemma tricolore del tifoso nerazzurro

Tra una vittoria che riaccende le speranze di terzo posto e un pareggio che subito dopo le spegne, il tifoso interista sta trovando il tempo di seguire anche la lotta scudetto che vede coinvolte le principali rivali, le odiate Juventus e Milan.
Il tifoso nerazzurro alle prese col dilemma...
In ogni duello che si rispetti si finisce sempre per parteggiare per l’una o per l’altra fazione, si tifa per Davide o per Golia, per Coppi o per Bartali, per Nadal o per Federer.
Già, è in un duello Juventus-Milan il tifoso nerazzurro per chi parteggia? E qui nasce il dilemma, perché non è facile tifare (anzi direi che è impossibile) per l’una o per l’altra. Sotto questo aspetto i tifosi juventini e quelli milanisti sono agevolati. In un duello Inter-Juve o Inter-Milan non hanno dubbi su chi parteggiare.
Noi invece siamo in una situazione di grande difficoltà e si finisce, ahinoi, per sperare che l’una abbia la meglio cosicché l’altra esca sconfitta. Ci sono due correnti di pensiero in tal senso, c’è il tifoso che odia la Juventus che spera che lo scudetto vada al Milan e il tifoso che odia il Milan che si augura che lo scudetto diventi bianconero.
E allora domenica scorsa, per esempio, il tifoso che odia la Juventus era in una situazione di doppio stato d’animo seguendo Milan-Bologna. Da un lato era felice perché il Milan perdeva in casa ma dall’altro, in ottica scudetto, si augurava che i rossoneri trovassero i gol che gli permettessero di ribaltare il risultato.
E il tifoso nerazzurro anti-Milan? Da un lato imprecava mentre la Juventus passeggiava sulla Roma ma dall’altro era contento perché la prospettiva tricolore si allontanava per il Milan.
Comunque la si guardi è una prospettiva di merda (scusate la volgarità, era per rendere l’idea) a cui non eravamo abituati. Negli ultimi 5-6 anni eravamo noi i protagonisti della lotta scudetto e pertanto non avevamo alcun dubbio su chi tifare. Invece quest’anno si è presentata questa situazione sgradevole in cui vorremmo che ad avere la peggio fossero entrambe ma dove purtroppo non è contemplata l’ipotesi che entrambe abbiano la peggio.
In attesa di conoscere l’esito finale che inevitabilmente sarà per noi sgradito, non ci rimane, come sosteneva qualcuno su Facebook qualche settimana fa, che guardare il lato positivo della cosa. In ogni caso una delle due rimarrà a bocca asciutta. E tra guardare il bicchiere mezzo vuoto (una delle due alla fine vincerà) e il bicchiere mezzo pieno (una delle due alla fine perderà) io preferisco il bicchiere mezzo pieno. FORZA INTER !!! *
Entius

Lo so, non c’entra nulla con questo discorso ma dopo aver parlato di cose brutte (Juventus e Milan) avevo bisogno di ricordare a me stesso che ci sono anche cose belle (l’Inter) nella vita…
domenica 22 aprile 2012

Fiorentina-Inter 0-0: godono le terze

Milito ha lottato come un leone, senza risultati però: 0-0
Una partita scialba, insapore ma dal retrogusto abbastanza amaro. L'anticipo domenicale del Franchi di Firenze finisce con uno 0-0 senza pretese, meritato per quanto oggettivamente visto sul campo da gioco, ma che serve davvero pochissimo alle due formazioni in campo. I viola non riescono a tirarsi definitivamente fuori dalla zona calda della retrocessione, stagnando a pochi punti dal Lecce mai domo di Serse Cosmi, mentre i nostri nerazzurri perdono, per l'ennesima volta in una seconda parte di stagione tribolato, l'occasione di portarsi vicini al terzo posto Champions e sostanzialmente continuano a vedere le proprie speranze appese ai risultati altrui. Lazio e Lecce, rispettivamente terza e terzultima, possono quindi gioire di questo risultato ed affrontarsi a viso aperto nello scontro che le vedrà di fronte tra poco, alla ricerca di punti pesantissimi.
Stramaccioni cambia modulo, abbandonando l'amato 4-3-3 e gettandosi su un 4-2-3-1 tatticamente tirato visti gli uomini a disposizione: Zanetti abbassato terzino sinistro, Cambiasso e Poli nella mediana e Zarate, Forlan e Alvarez dietro Milito, a cambiarsi continuamente posizione nel tentativo di non dare riferimenti alla retriguardia fiorentina. I risultati sono decisamente scarsi, con un Forlan sempre più abulico e fuori da ogni schema (non solo tattico, ma anche mentale...non si capisce mai realmente cosa abbia intenzione di fare e quando fa ciò che vuole, comunque lo fa male), uno Zarate che fa un passo indietro rispetto alle ultime sfide ed un Alvarez che sembra essere costantemente fuori ruolo. Bene Milito, che si muove tanto e crea spazi, poi da nessuno sfruttati, e Poli, uomo di sacrificio e corsa in un centrocampo che, come diciamo da tempo, ne ha davvero tanto bisogno. Nel primo tempo, a dire il vero, non succede praticamente nulla: la squadra di Delio Rossi gioca come può, ovvero difendendosi benissimo con undici uomini dietro la palla, portando un pressing alto ed asfisiante sin dagli attaccanti Cerci e Liaijc e provando a ripartire quando i nerazzurri glielo permettono, creando anche qualche problema vista, anche oggi, la lentezza nelle chiusure dei centrali Lucio e Chivu (vedi il giallo al rumeno). L'Inter è invece lenta, quasi soporifera e non riesce mai ad accelerare.
JC prima procura il rigore, poi lo para con un miracolo
La ripresa, fortunatamente, regala qualche emzoione in più, purtroppo però mai decisiva per noi, anzi, i più vicini al gol sono i viola che, dopo un'inizio di ripresa dove l'Inter cerca di spingere, ancora però senza risultati, con Liajic mettono i brividi a Julio Cesar ed addirittura, al 69°, trovano la grande occasione: Lazzari, ben imboccato dall'ex Kharja (già, è un ex, che tristezza dirlo di certi giocatori, ma va beh...), entra in area defilato sulla destra e salta il portiere nerazzurro che è però lento nell'intervento ed abbatte il mediano gigliato. Rigore giusto e giallo al brasiliano. Dal dischetto si presenta Liajic che tira bene, rasoterra ma non molto angolato e con un riflesso da grandissimo portiere JC si fa perdonare mettendo in angolo. Grandissima parata e risultato salvato.
Ci si aspetterebbe una reazione d'orgoglio ora dei nerazzurri, che nel frattempo hanno messo in campo anche Sneijder al posto di un imbarazzante Forlan (fischiato pure dai tifosi della Fiorentina per quanto ha fatto pena) e stanno per inserire anche Pazzini, il quale però deve risedersi in panca e lasciare l'ultimo cambio per Ranocchia perchè Chivu si fa male. Brutto periodo per il Pazzo, anche sfortunato e lascia trasparire tutta la sua rabbia con un pugno alla struttura della panchina di Firenze. L'Inter aumenta la pressione aiutata dal calo fisico naturale della Fiorentina, ma non si rende mai davvero pericolosa, tranne con Milito che lotta e sgomita contro i tre centrali viola. La partita si chiude dunque con un inutile 0 a 0.
Occasione buttata? Si, forse si, ma la verità è che i miracoli non esistono e oggi, contro una formazione come quella di Rossi che si sa difendere bene e riparte in velocità, soffriamo e fatichiamo terribilmente a creare gioco. Se non crei gioco è dura trovare il gol, c'è poco da fare. La Lazio ora ha una grande occasione, visto anche il pareggio dell'Udinese ieri e la difficile sfida della Roma, a Torino, stasera, ma davanti avrà un Lecce in grande forma e, anche se terzultimo, è rinfrancato da qusto pari che permeterebbe loro di portarsi ad un solo punto dai viola. Ci dobbiamo mangiare le mani e lasciare, per l'ennesima volta, che siano gli altri a godere. Intanto a noi è stato rovinato il pranzo domenicale in famiglia, eccheccazzo!

Fiorentina-Inter 0-0: tabellino, commenti, pagelle, cronaca
TABELLINO - Fiorentina-Inter 0-0
Fiorentina (3-5-2): Boruc; Camporese, Natali, Nastasic; Cassani, Behrami (22' st Salifu), Kharja, Lazzari, Pasqual; Cerci, Ljajic (27' st Acosty). A disposizione: Neto, Gamberini, De Silvestri, Olivera, Montolivo. All.: Rossi.
Inter (4-2-3-1): Julio Cesar; Maicon, Lucio, Chivu (36' st Ranocchia), Zanetti (1' st Nagatomo); Cambiasso, Poli; Forlan (9' st Sneijder), Alvarez, Zarate; Milito. A disposizione: Castellazzi, Guarin, Stankovic, Pazzini. All.: Stramaccioni.
Arbitro: Valeri
Ammoniti: Nastasic, Acosty, Pasqual (F), Chivu, MIlito, Lucio (I)
Note: 24' st Julio Cesar (I) para rigore a Ljajic (F)

Andrea - Inter Cafè
sabato 21 aprile 2012

L'importanza di chiamarsi Branca

Sulley ai bei tempi, quando mangiava nelle coppe vinte
Sulleyman Ali Muntari. Noi interisti vorremmo tanto tanto dimenticarci questo nome, ma sembra davvero difficile. Lo ammetto, a me Muntati non dispiaceva nemmeno come giocatore: bel raccoglitore di legna africano, corridore, grintoso e con un mancino che se calibrato al punto giusto, diventa un gran bel piede. Ma, da quando nell'estate del 2008, l'Inter lo acquistò dal Portsmouth, ne ha combinata una più di Bertoldo, riducendosi a vittima sacrificale dell'astio tifosereccio nei momenti no dei nerazzurri. Ce ne voleva a farsi fischiare dai tifosi interisti in quel periodo, il periodo di Mou, il periodo degli Scudetti e del triplete, eppure lui ce la fece, con tanta caparbietà e forza d'animo. Già il suo arrivo non aiutò a creare simpatia nei suoi confronti: quell'estate era la prima di Josè sulla nostra panchina ed il nome per il centrocampo, caldissimo, era quello di Frank Lampard, uomo del tecnico al Chelsea e pedina utilissima nello scacchiere tattico di ogni team. La trattativa naufragò, non si sa ancora bene per cosa e si ripiegò su un centrocampista meno tecnico e più di quantità, ovvero Sulley, a quel tempo in forza al Portsmouth ma ex Udinese. Lo pagammo circa 15 milioni di €. Ecco, quando l'interista si aspetta Lampard a 20 milioni e si vede arrivare Muntari a 15 milioni, qualche mugugno se lo può anche permettere. Il resto è storia, con qualche espulsione "ignorante" (Catania fu un capolavoro di deficienza) e alcuni comportamenti discutibili (assenze causa Ramadan, rispettabilissime, ma non proprio un'ottima scusa per i tifosi). Di lui rimaranno soprattutto le immagini allegre di un ragazzone di colore affamato ed assettato che, a seguito di ogni coppa vinta in quei periodi, riempiva il trofeo di vivande e bevande e festeggiava gioiosamente rimpinzandosi negli spogliatoi.
Branca è l'uomo di potere nella dirigenza nerazzurra
Ora Sulley è al Milan (sa farsi amare, non c'è che dire) ma continua a parlare di Inter e questo, caro amico, non si fa. Con un'intervista rilasciata al Corriere della Sera spara a zero sulla società nerazzurra, o meglio, su Branca e i gruppi presenti nel nostro spogliatoio, per la solita, trita e ritrita serie "beh, l'Inter è una polveriera, una squadra di bulli a confronto al Milan, dove ogni mattina San Francesco viene a trovarci ed a ringraziarci perchè portiamo pace e gioia nel Mondo". Ma che ha detto di preciso il buon ghanese? "Non so cosa non fosse funzionato all'Inter, io davo sempre il massimo, ma loro non so cosa avessero in testa. Non ci si comporta così tra esseri umani e loro ne hanno fatte di tutti i colori". Loro? No, in realtà solo un uomo, Marco Branca: "Mi riferisco a Branca, scrivete bene il nome. Io sono uno che rispetta tutti, ma Branca, quando entrava nello spogliatoio, pretendeva che mi inchinassi a lui, come se fosse il mio Dio. Amico, siamo tutti e due dipendenti di Moratti, a me lo stipendio lo paga lui, gli dissi. Nessuno in squadra lo sopportava". Ma perchè tutto questo astio tra i due? "Non lo so, diceva che ero una brutta persona, che in tre anni ho fatto solo casini - Sulley, però mica ha tutti torti eh... - e così via. E' un falso, non ce la facevo più. Ha anche cacciato Oriali, perchè Lele faceva il bene della società!". Non poteva mancare poi il paragone, tanto atteso dai tifosi rossoneri, col Milan: "Qui al Milan ho notato subito che sono persone vere, Branca non mi era piaciuto da subito. Loro sono se stessi ed io me stesso, non indossano abiti eleganti alla James Bond per venire all'allenamento come fa qualcuno...inoltre qui non ci sono gruppi separati, siamo tutti insieme. Dell'Inter non voglio parlare, rispetto solo presidente, cuoco e team manager". E grazie al cielo che non vuoi parlarne Sulley, pensa se c'avessi avuto voglia!
Piero Ausilio prima e dopo Branca: netto il cambiamento di stile
Il problema vero, ora, è capire se quello che ha detto Muntari è roba vera oppure no. La mia opinione è molto semplice: è tutto vero, ma raccontato dagli occhi di una persona che, con Branca, non ha avuto mai un rapporto proprio idilliaco, per usare un eufemismo. All'Inter, Sulley, s'è preso tre anni di stipendio ottimo, ha avuto la sua chance per diventare un giocatore importante e non l'ha sfruttata, ma non per colpa di Branca, per colpe sue o per sfortune, vedetela come volete. A parlare, quindi, è anche un uomo un pò...rancoroso diciamo, verso un'esperienza di vita non andata a buon fine. Detto ciò però non si può non dire qualcosa anche del nostro amato dt. Qualche tempo fa scrissi un articolo (QUI) in cui descrivevo l'ascesa politica in nerazzurro dell'ex (mediocre) attaccante. Sono stato, io, un sostenitore della prima ora di Branca, rappresentante per me di quella nouveau leadership che poteva cambiare le sorti del nostro destino. In parte lo fece effettivamente (orsù, va ammesso, mica ce li ha mandati Dio Sneijder, Milito, Eto'o e compagnia!), ma gli ultimi anni sono stati anche il crollo di questa figura costruita negli anni. Non gli faccio una colpa per la sua eleganza, per la sua prestanza fisica, per la sua poca voglia di parlare in Italia (e quando lo fa, solo attraverso messaggi criptici) o per altro, no, ma credo, come già scrissi, che non si sia saputo adattare all'evolversi del mercato calcistico internazionale semplicemente. Inoltre, c'è poco da farci, all'Inter, chiamarsi Branca oggi, è importante perchè lui è l'unico vero uomo di carisma all'interno dello staff dirigenziale. Prima c'era Oriali, poi Mancini ed infine Mou. Fatti fuori uno dopo l'altro, Branca ha avuto campo libero per sfoderare tutto il suo ego ed il suo carisma, anche nei confronti di Moratti stesso, cioè chi dovrebbe essere il riferimento all'interno di uno società calcistica. Guardate Ausilio, lo ricordate? Ecco, oggi è la copia brutta di Branca perchè Marco l'ha preso brutto anatroccolo e l'ha trasformato nel ds cigno dei suoi sogni, la spalla perfetta per il duo 'Mignolo col Prof'. Che ci volete fare, è il fascino dell'uomo di successo, dell'uomo che non deve chiedere, è l'importanza di chiamarsi Branca. Marco, solo una cosa: sinceramente, se vai sulla Nord, che tu ti chiami Branca o meno, non conta un cazzo, anzi...se sei arrivato al punto che parla Muntari e qualcuno pensa "beh, ma sai che mica c'ha tutti i torti 'sto pippone...", sei al capolinea. Fidati, te lo dico da amico.


Andrea - Inter Cafè
giovedì 19 aprile 2012

A volte (non) ritornano


Agli ormai consueti rumors che si ripresentano con puntuale ciclicità sui ritorni di Mourinho e Balotelli, qualcuno ha pensato bene di riempire un po’ di carta e di pagine web con la “sparata” di un possibile ritorno di Samuel Eto'o nella fila dell’Inter. L'ho definita in questo modo dal momento che si tratta di un’eventualità che non solo ritengo più che improbabile, ma che a mio parare anche poco auspicabile e vi spiego perché.

Eto'o è un professionista molto serio, un campione ed anche un leader; è d'altro canto una persona alla quale i soldi piacciono e anche molto, dovendo per giunta mantenere una pletora di persone che adesso va di moda chiamare famiglia allargata, ma che in tempi in cui non vigeva il “politically correct” i milanesi solevano appellare come “I mangiapàn a tradiment”. Attualmente guadagna l’iperbolica cifra di 20 milioni netti di euro all’anno ma, come avevamo abbastanza facilmente previsto (post “ Incubo di mezza estate” – 22/08/11 - IOINTERISTA.com), pare si sia frantumato le palle di giocare in un campionato e una squadra ai margini del calcio che conta, e per di più nel pieno della maturità atletica e calcistica, disponendo il camerunense di un fisico ancora perfettamente integro.

Il problema è che l'Inter, che la “mena” da due anni col FPF, potrebbe permettersi al massimo un ingaggio ridotto a un quarto di quello che percepisce ora e quindi o il Re leone rimarrà nella sua prigione dorata, oppure se andrà in un’altra Società che gli garantisca almeno un po’ più della metà di quello che percepisce adesso; possiamo solo augurarci che non debba trattarsi del Milan o della Juve, sarebbe francamente insopportabile. Inoltre, per quanto ancora forte e integro, io non credo alle minestre riscaldate o cavalli di ritorno (se vogliamo chiamarli così), e le poche risorse che sembra che l'Inter avrà a disposizione sono convinto farà meglio impiegarle in giovani affamati e con voglia di vincere piuttosto che in campioni “stagionati” e con la pancia piena: questo vale ovviamente anche per coloro che vestono attualmente la casacca nerazzurra.

Da questo punto di vista avrebbe senz’altro più senso un eventuale ritorno di Supermario Balotelli, ma anche in questo caso sorge più di un problema. Il primo è capire quanto si possa fare affidamento sul fatto che prima o poi questo ragazzo capisca che in campo e fuori un giocatore di un certo livello non può comportarsi come un tredicenne afflitto da turbe caratteriali e che un giocatore di calcio non è un tennista o un centometrista oppure un golfista; anche ammesso sia la “star”, fa parte di un gruppo e in un gruppo o si vince o si perde tutti insieme, non esiste che uno abbia successo mentre la squadra dove gioca va a rotoli.

Forse chi vuole veramente il bene di Mario (non certo Mino Raiola) dovrebbe cominciare a pensare seriamente di farlo seguire da uno psicologo, dal momento che da solo il ragazzo sembra non farcela. Quanto al secondo problema, molto obiettivamente: dato per scontato che Mario voglia tornare a Milano, voi se foste in lui tornereste in una squadra e in un ambiente nel quale avete avuto problemi e sapete che alla prima occasione vi trovereste tutti addosso, stampa compresa o in una che al momento ha prospettive di risultati migliori, e dove, almeno inizialmente vi perdonerebbero tutto, e sarebbero anche in grado di zittire o comunque di pilotare la maggior parte dei media in caso di problemi? D'accordo, l’Inter detiene questa famosa “opzione”, ma abbiamo imparato che le opzioni non contano nulla di fronte alla ferma volontà di un calciatore; e non voglio metterci neppure la storia di per chi facesse o faccia il tifo Balotelli perché nel calcio professionistico sono stronzate belle e buone. Morale: se Mario dovesse lasciare Manchester tutto fa pensare che sarebbe per accasarsi sulla sponda rossonera del naviglio, molto difficilmente sulla nostra.

Infine c'è il problema di Mourinho: problema perché dopo di lui un allenatore non è mai durato più di mezza stagione, stritolato fra la sua ombra ingombrante e immanente e la manifesta volontà di disimpegno da parte della presidenza della Società. Ogni tanto si parla di un suo possibile ritorno che anche in questo caso “cozza” contro l’evidenza dei fatti: Mourinho se ne andò perché aveva capito che la Società non voleva più impegnarsi con certe cifre e che per ricostruire un gruppo di giocatori arrivati quasi tutti al culmine della parabola ascendente della loro carriera, erano necessari investimenti importanti. Io non voglio mettere in discussione le attestazioni di stima e di vicinanza ai nostri colori che ha esternato più volte Josè da Setubal, però è troppo furbo e pieno di culto della personalità per ritornare sul luogo dei trionfi e dove non ci sono più le condizioni che gli consentirono quelle splendide imprese.

Magari un giorno Mou tornerà, ma se lo farà sarà solo in presenza di un progetto preciso che gli garantisca un budget a nove cifre per gli investimenti; al momento non si intravedono (ahimè) né l’uno, né l’altro. Visto che il discorso è caduto su di lui, il grande Mou mi consentirà una piccola critica: a parte che Sergio Ramos centrale è un obbrobrio (sarà passabile nella Liga dove ci sono 4/5 squadre a buon livello e le altre fanno sorridere), a mezz’ora dalla fine non si può sostituire un centrocampista offensivo (Ozil) con un difensore di fascia (Marcelo), impiegandolo pure fuori ruolo; così fai il gioco degli avversari che avevano giocato il tutto per tutto sguarnendo il centrocampo per inserire il quarto attaccante (Muller). A mezz'ora dalla fine nella semifinale di Champions vanno fatti cambi logici, ruolo per ruolo: se vuoi tirare giù Ozil, inserisci Kakà, e se vuoi inserire Marcelo, tira fuori Coentrao che si vedeva benissimo che non ce la faceva più. Così si è trovato a contrastare il forcing del Bayern con due difensori inadeguati (Ramos fuori ruolo e Coentrao) e un altro difensore fuori ruolo e completamente spaesato e quindi regalato all’avversario: nonostante un gol segnato in palese fuorigioco, i tedeschi hanno meritato di vincere la partita a tempo quasi scaduto e il ritorno sarà piuttosto complicato. Josè….ci hai un po’ deluso!

L'ultima nota è per l’ennesimo tentativo di inserire ad ogni l’Inter in uno dei diversi scandali che stanno demolendo il nostro calcio, questa volta in quello delle scommesse. Badate bene: che partita hanno scelto per questa brillante operazione? Napoli – Inter, penultima dello scorso campionato, nella quale con un pareggio l’Inter era matematicamente sicura dell’accesso alla Champions evitando i preliminari e il Napoli altrettanto matematicamente sicuro di accedere ai preliminari della suddetta Champions. A parte tutti i discorsi sull'opportunità di “fregarsi” per giocatori che guadagnano cifre iperboliche come quelli dell’Inter, chi sarebbe così coglione da scommettere su un risultato di pareggio per 1-1 (non 4-4) con probabilità che si verifichi prossime al 90%? Cosa avrà mai pagato questa ardita scommessa? Cosa ci sarebbe “scappato” per protagonisti della presunta “combìne”, 100/200 euro a testa? Sarebbe anche ora che certa gente la smettesse di rompere le palle con teoremi tanto assurdi quanto vergognosi.

Alex
lunedì 16 aprile 2012

Carlo Petrini, accusatore e altra faccia del calcio di Morosini

"Nel fango del Dio pallone", di Carlo Petrini, KAOS
L'ultimo weekend è stato un vero pugno nello stomaco per noi amanti del calcio e la morte di Piermario Morosini è ancora così vicina da rendere davvero difficile tornare a parlare e scrivere di calcio giocato. E dunque non lo faremo, anche perchè c'è qualcos'altro di cui parlare oggi, un altro lutto nel calcio: è morto Carlo Petrini. Molti non lo conosceranno e, a differenza di quel che è successo con Morosini, non impareranno a conoscerlo nei prossimi giorni, non perchè la sua figura non fosse importante nella storia del nostro calcio, ma perchè fa più comodo che altro, a molti, che di lui non si parli più. Se la notizia della morte del centrocampista del Livorno, come ho scritto, è stato un pugno nello stomaco sferrato dal fato, Carlo ha deciso di essere lui stesso a prendere a pungi tutti coloro che il calcio lo amano e lo hanno amato. Eppure i suoi pugni non hanno fatto male, o meglio, si, hanno colpito, si sono fatti sentire, ma sono serviti a costruire qualcosa, o almeno questo lui avrebbe voluto.
A chi vi racconta che il calcio, ua volta, era migliore, con tutto il rispetto non credetegli ed è stato proprio Carlo Petrini a darci questo insegnamento. Lui non è mai stato uno stinco di santo, non è mai stato il tipico bravo ragazzo, anzi...ne ha fatte tante di cazzate nella sua vita e ne ha sempre pagato le conseguenze. Ed è proprio questo a differenziarlo da molti altri soggetti sporchi del mondo pallonaro italico. Lui ha sbagliato ed ha pagato, ha pagato un prezzo altissimo ma giusto, che solo la pseudo-notorietà dell'ultimo decennio ha rimborsato a quest'uomo, ex centravanti dalle belle prospettive. La sua carriera calcistica parte dal Genoa, passa per il Milan di Nereo Rocco, transita per il buon Torino dei primi anni '70 e si conclude a Bologna, nella stagione 1979-1980, quando lo scandalo calcioscommesse lo travolse in pieno volto. Non fu una vittima bianca, anzi, lui era colpevole e pienamente consapevole di esserlo, per questo rimase in silenzio. Nel 1982 ritornò sui campi da calcio, ma in serie minori e senza ulteriore gloria. Attaccate le scarpette al chiodo, Petrini si lanciò in un'avventura finanziaria che, però, a causa delle sue brutte conoscenze e di errori imprenditoriali, gli costò una marea di debiti e guai finanziari che lo "costrinsero" alla fuga dall'Italia: si rifugiò in Francia, in una latitanza triste e controversa, tra mille pensieri del passato ed il dolore per un figlio, Diego, che a 19 anni stava morendo per un tumore al cervello. Carlo non tornò a salutarlo, preferì stare lontano, fare una cazzata, l'ennesima, ma l'unica che realmente gli pesò fino ad oggi, giorno della sua morte.
Carlo Petrini è morto oggi, 16/04/2012
Nel 2000, dopo essere rientrato in Italia nel 1998, pubblicò per la casa editrice KAOS, la sua autobiografia ed il motivo per cui oggi siamo qui a parlare di lui: "Nel fango del Dio pallone" voleva essere, appunto, il racconto di una vita di eccessi, di errori e di sofferenza, ma alla fine divenne una vera e propria denuncia, la denuncia del calcio malato, dopato, corrotto e schifoso degli anni '60 e '70, la denuncia di un mondo che andava ben oltre il calcioscommesse pre Mundialito 1982, una denuncia che voleva urlare come il calcio italiano non è stato mai realmente pulito e, probabilmente, non lo sarebbe mai stato. Lo scrisse prima di Calciopoli, ma in qualche modo anticipò il caos del 2006, attaccando in ripetute occasioni Moggi, suo concittadino, ma con cui Petrini, il nuovo Petrini, aveva ben poco a cui spartire se non il luogo di nascita. Nel suo libro fece nomi e cognomi, fornì dati, statistiche e dimostrò fatti e per quelle parole fu tagliato totalmente fuori dal mondo dorato del pallone, ripudiato anche dagli ultimi amici che lì gli erano rimasti. Il libro subì critiche, fu censurato col silenzio di televisioni e giornali, ma fu anche un successo inatteso. Lui stesso era un corrotto, lui stesso era un dopato, ma aveva deciso di reagire, di parlarne, di pentirsi forse o semplicemente di ripulirsi l'anima in vista di un futuro che sperava più leggero e meno opprimente del recente passato che aveva vissuto. Ha scritto altri libri dopo quello, ma nessuno è riuscito a stamparsi nelle menti dei lettori come "Nel fango del Dio pallone", perchè quello era un urlo più che una verità sussurrata, era una porta spalanca e non uno spioncino sullo schifo, era tutto il dolore di un uomo che non riusciva più a portarsi quel peso sulle spalle, quelle stesse spalle che lentamente, sotto il peso degli errori, non reggevano più ulteriori menzogne e silenzi. Petrini si trasforma con quel libro e, da ex calciatore corroso dai sensi di colpa, diventa il Balzac del crudo e gretto mondo pallonaro, diventa un boxeur che prende a pugni noi lettori che però, alla fine di quell'urticante lettura, non possiamo che alzare gli occhi e dire "che cazzo Carlo, grazie!".
Morosini e Petrini, i due volti lontani del calcio
Per Carlo non ci saranno città a lutto, non ci saranno prime pagine, non ci saranno parole buone e volti contorti dal dolore e probabilmente è giusto così. Ma ricordarlo è un dovere morale, tanto quanto è un dovere morale piangere la scomparsa di Morosini, perchè seppur così diversi e lontani, i due sono le due facce della stessa medaglia, le due facce di uno sport che si nutre di sogni (quelli di Piermario) e risputa fuori storie sporche e indigeste (come quelle raccontate da Carlo). Quindi addio Carlo, ti ricorderemo con le parole di Matteo Marani, direttore del Guerin Sportivo, ed uno dei tuoi ultimi amici rimasti nel mondo del calcio: "Era affabile, a suo modo cordiale, benché intagliato nel tronco toscano, la lingua che rotea e non si può fermare. Verrà sepolto domani a Lucca. Il più corrotto dei calciatori è stato a suo modo anche il più onesto. Strana davvero la vita".


Andrea - Inter Cafè
sabato 14 aprile 2012

Muore Morosini, il calcio piange ancora

E' morto Piermario Morosini
Piermario Morosini, 25 anni, centrocampista in forza al Livorno, ma di proprietà dell'Udinese, è morto. Si potrebbero scrivere tante cose, tante parole piene di un pò di disperazione che colpisce chiunque ami il calcio e lo sport in generale. Un dramma vero, che va oltre le parole ed i gesti in questo momento, un dramma che colpisce anche con la rabbia, perchè non è possibile oggi, in un mondo come quello del calcio dove girano i miliardi, che dei ragazzi muoiano o rischino di morire per problemi che in teoria si sarebbero potuti prevedere, prevenire....ma oramai è tardi. Ci si chiude nel silenzio attorno a quelle notizie che ora ci bombarderanno minuto per minuto, notizie che purtroppo, oramai, non serviranno comunque a ridare vita a questo povero ragazzo. Il tutto è successo a Pescara, città che poche settimane fa aveva dovuto dire addio a Mancini, 43enne, ex portiere di Serie A e preparatore dei portieri della squadra di Zeman. Il fato, il destino, non so neppure cosa dire. Sentiremo tanti ricordi, tante bellissime parole che molti di noi non sapranno mai se sono frutto del cuore o del semplice teatro mediatico, ma di certo il lutto di oggi andrà ricordato e rispettato. Noi tutti, in questo momento, per quel poco che può servire, ci stringiamo attorno al dolore di tutti quelli che volevano bene a Morosini e diciamo che è giusto fermarci, anche solo per riflettere un poco. Ciao Piermario.
PIERMARIO MOROSINI (5/07/1986 - 14/04/2012)

Lo staff di Inter Cafè

All'Inter è tutto un equilibrio sopra la follia

Follia nerazzurra sopra l'equilibrio o....
Stasera ad Udine potremmo assistere ad un piccolo miracolo nerazzurro: battendo l'Udinese ci rilanceremmo ufficialmente in una rincorsa pazzesca e folle al terzo posto che significa Champions League. Sinceramente ed umilmente penso che, il terzo posto, non lo raggiungeremo anche perchè, detto in tutta franchezza, non ce lo meriteremmo granchè vista la stagione che abbiamo vissuto e che stiamo tuttora vivendo nelle sue battute finali. Ma solo il fatto che ce la possiamo giocare apre in me spazi di riflessione su alcuni punti legati alla stagione nerazzurra, al nostro campionato in generale ed alla programmazione del futuro.
E' folle che, a sei partite dalla fine del campionato, dopo tre allenatori susseguitosi sulla nostra panchina, l'Inter è, alla fin dei conti, ancora in gioco (magari anche solo matematicamente, ok) per un obbiettivo serio. Stramaccioni non è un mago, l'ha detto anche Cambiasso l'altra sera, ma, evidentemente, anche i calciatori stessi non sono proprio dei teneri protagonisti dall'animo puro. Intendo dire: perchè oggi Stankovic imposta e corre, Cambiasso si fa in due senza problemi e Zarate sembra un potenziale fuoriclasse? Sono gli stessi giocatori che Gasperini, ma soprattutto Ranieri, avevano a disposizione in settembre/ottobre fino a marzo? Non credo ci sia stato un ammutinamento generale, semplicemente nè Gasp, nè Ranieri, per motivi diversi, andavano a genio al gruppo. Vai a capire il perchè...fatto sta che Strama gli sta simpatico per ora e cerchiamo dunque di sfruttare il momento. Come ho scritto in più di un'occasione, questa Inter non era morta ieri ma non è nemmeno rinata oggi: l'Inter è una squadra più forte di Lazio, Roma, Napoli, Udinese, ecc...nei singoli e nella struttura, ma è più debole di Milan e Juventus per vari motivi. Ed è una squadra vecchia. Questo è il fulcro di tutto, l'asse portante di un ragionamento che parte dalla follia del fatto che, nonostante 12 sconfitte in campionato, sia ancora in gioco per qualcosa, ed arriva a chiedersi come sia possibile. I nostri ragazzi sono giocatori di livello superiore rispetto all'85% di quelli presenti in Serie A, ma ciò non basta perchè serve gamba, fiato, lucidità, rapidità di pensiero e a noi, queste cose, sono mancate spesso e spesso mancheranno se non si cercherà una soluzione. Si parla del patto tra Moratti e Strama, ovvero che il giovane tecnico rimarrà sicuramente se riuscirà nell'incredibile impresa di raggiungere il terzo posto, ma la cosa mi mette più paura che tranquillità, non perchè Strama non mi piaccia, anzi, ma perchè ho paura che Moratti, se dovessimo farcela, per l'ennesima volta negli ultimi anni, si possa sedere sugli allori e dire "Vedete che questa squadra non è finita? Avevo solo sbagliato allenatore! Niente rivoluzione, niente rifondazione, avanti così con qualche piccolo aggiustamento". Ecco, questo è il mio incubo peggiore, questa sarebbe una vera follia.
...equilibrio sopra la follia? (bellideroma.wordpress.com)

Ma il fatto che siamo ancora lì è inscindibilmente legato ad un altro fattore: il netto abbassamento delle prestazioni e del livello del nostro campionato. Non è per fare il solito esterofilo, anzi, meglio la Serie A tutta la vita rispetto ad una Liga dove Barca e Real dominano senza stop da secoli e secoli, amen. Però è oggettivo il dato: se la quota punti Champions si abbassa vertiginosamente (e così sta andando visto il gioco al 'ciapa no' che si sta avverrando in questa bagarre) e quella per la salvezza si alza grazie ad un Lecce che lotta come un leone, significa che qualcosa s'è rotto nell'ingranaggio. Che il Lecce vinca è una bella storia e se si salva sarebbe bellissimo calcisticamente parlando, ma che ottenga punti contro Inter, Milan, Roma e compagnia bella lo trovo, sinceramente, strano. Strano non per dietrologie varie eh, ma solo perchè significa, allora, che davvero le nostre squadre di punta sono in vertiginoso calo. Tornando a noi, se perdi punti con: Novara (imbarazzante, davvero), Bologna e Lecce, come puoi pensare di andare avanti in Champions e qualificarti addirittura per quella dell'anno dopo? Semplice, devi sperare che le altre facciano cagare almeno quanto te, possibilmente di più. E così sta andando. Pazzesco, follia del calcio.
Fatto sta che, ringraziando Dio o chi per lui, un piccolo spiraglio di Champions c'è ancora e giustamente i ragazzi dovranno fare di tutto e dare il massimo per provare a tagliare un traguardo folle, ma realistico. Cosa serve? Principalmente equilibrio. Evitare sfide come con il Genoa, perchè una volta ti può andare bene, due diventa già più difficile; evitare che i difensori si sentano centrocampisti, perchè, lo dice la parola, sono difensori; evitare di insistere su certi giocatori, vedi Forlan; evitare la totale rivoluzione dell'11 titolare da una gara all'altra. Mantenere un equilibrio insomma, un elemento di pace in una stagione che, oggettivamente, ha ben poco di tranquillo. Un equilibrio sopra la follia, perchè noi non possiamo permetterci, adesso, di essere la pazza Inter, cioè la follia sopra l'equilibrio: dobbiamo invertire i fattori per sperare di ottenere lo stesso risultato.

Andrea
mercoledì 11 aprile 2012

Inter-Siena 2-1: doppio Milito, Siena ko


Giocarsi tutto, fino alla fine. E' questa la mission di Andrea Stramaccioni, che nella terza puntata della sua avventura nerazzurra riesce a centrare il bottino pieno contro un Siena che fa sudare alla sua Inter le proverbiali sette camicie. Le sconfitte di Lazio, Udinese e Napoli rendono la situazione in chiave terzo posto molto più fluida, anche se occorrerà andare a vincere sia a Udine che all'Olimpico per poter pensare davvero di sferrare un attacco serio all'ultima posizione utile per l'accesso alla prossima Champions League. Possibilità? Poche, siamo onesti, ma fino a che c'è campionato è d'obbligo provarci. 

Nell'undici titolare Stramaccioni lancia Alvarez (assente dal 12 febbraio) nel tridente offensivo insieme a Milito e Zarate, con Forlan che si accomoda in panchina dopo le recenti uscite tutt'altro che positive. Tra i pali si rivede Julio Cesar, con Lucio e Samuel centrali difensivi, Zanetti e Chivu laterali. Il capitano nerazzurro raggiunge le 570 presenze in serie A, uguagliando Dino Zoff al terzo posto nella classifica dei più presenti nella massima serie (primo Maldini a 647, secondo Pagliuca a 592). In mezzo vanno Cambiasso, Stankovic e Obi, preferito a Poli. Pronti via, e al 6′ il Siena, gela San Siro: D’Agostino, dopo il doppio miracolo di Julio Cesar prima su Destro e poi su Brienza, infila in rete rievocando fantasmi recenti e mettendo la gara subito in salita. La reazione dei nerazzurri non si fa attendere: al 17′ Chivu crossa per Milito che spizzica di testa, ma la palla finisce larga sul secondo palo e Cambiasso non riesce a rimetterla in gioco. Un minuto dopo episodio dubbio: Milito viene messo giù in area, ma l'arbitro lascia correre. Al 23′ gol annullato a Cambiasso, ma Romeo annulla per gioco pericoloso di Milito su Pegolo. E' clamoroso poi l'errore del Principe cinque minuti più tardi, quando spara in bocca al portiere bianconero il pallone del possibile pareggio. 

Stramaccioni al 35' perde anche Samuel per infortunio, e manda dentro Nagatomo accentrando Chivu. Al 42', il pari nerazzurro: angolo di Zarate, svirgola Pesoli che serve da pochi passi una palla d’oro per il tap-in di testa dell’attaccante argentino, che rompe l'incantesimo e fa 1-1.

Nella ripresa, l'Inter è arrembante, e si lancia alla caccia del gol del sorpasso che con i risultati degli altri campi cambierebbe parecchi scenari. Il gol arriva solo nei minuti finali (82'), con un calcio di rigore assegnato per fallo di Mannini su Nagatomo, trasformato sempre da Milito. Al fischio finale, la classifica recita: Lazio 54 Udinese 51 Roma 50 Napoli 48 Inter 48. Udinese-Inter di sabato sera dirà l'ultima parola sulle possibilità di concretizzare un sogno che eventualmente verrebbe irrimediabilmente riposto nel cassetto.

TABELLINO

INTER-SIENA 2-1 

Marcatori: 6′ D’Agostino, 42′ e 36′ st Milito

Inter: 1 Julio Cesar; 4 Zanetti, 6 Lucio, 25 Samuel (38′ Nagatomo), 26 Chivu; 19 Cambiasso, 5 Stankovic, 20 Obi (23′ st Poli); 11 Alvarez (31′ st Pazzini), 22 Milito, 28 Zarate A disposizione: 12 Castellazzi, 9 Forlan, 14 Guarin, 23 Ranocchia Allenatore: Andrea Stramaccioni

Siena: 25 Pegolo; 2 Vitiello (28′ st Contini), 19 Terzi, 26 Pesoli, 3 Del Grosso; 70 Mannini, 8 Vergassola, 26 Bolzoni (18′ st Gazzi), 23 Brienza; 10 D’Agostino (17′ st Gonzalez); 22 Destro A disposizione: 1 Brkjc, 15 Belmonte, 17 Grossi, 77 Sestu Allenatore: Giuseppe Sannino 

Arbitro: Andrea Romeo (sez. arbitrale Verona) Note. Ammoniti: 20′ Samuel, 45′ Pesoli, 15′ st Vitiello. Recupero: pt 1, st 3. Spettatori: 46.327

Antonio
sabato 7 aprile 2012

Cagliari-Inter 2-2: svanisce il sogno terzo posto..


"Espugnare" Trieste, andare a -4 dalla Champions League, e aspettare che Lazio e Napoli si togliessero punti a vicenda doveva essere il piano di giornata, che ovviamente come caposaldo aveva i tre punti contro i sardi nel campo neutro del Nereo Rocco. Un attacco serio, finalmente credibile, e che avrebbe potuto aprire scenari interessantissimi anche in considerazione di scontri diretti con Udinese e Lazio nel quale giocarsi tutto e forse anche di più. Purtroppo, un'Inter poco brillante, due volte in svantaggio ma sempre capace di trovare il pari con la forza del carattere e poco altro, esce con un solo punto dalla trasferta friulana e vede adesso quei punti di distacco diventare 6, con il rischio di finire a meno nove qualora la Lazio dovesse uscire vincente dalla sfida di questa sera.

Stramaccioni per la gara contro i rossoblù ripropone il modulo che aveva fatto vedere buone cose contro il Genoa, con Maicon rimpiazzato da Zanetti nel ruolo di terzino destro e Guarìn dal primo minuto nel terzetto di centrocampo con Stankovic centrale e Cambiasso sul centrosinistra. Confermatissimo il tridente offensivo Zarate-Milito-Forlan, in difesa Ranocchia trova spazio per via della squalifica di Lucio. Il ritorno del giovane centrale non è però dei migliori, perchè è suo l'errore sul gol del vantaggio sardo: siamo solo al 5', e su un corner ben calciato da Cossu è Astori ad approfittare dell'approssimatività dell'intervento del difensore, che in mezza girata sblocca la gara.

La reazione nerazzurra è folgorante, perchè dopo un solo minuto arriva il pari di Milito. L'azione di Zarate è splendida, l'assist che pesca il Principe a centroarea anche: stop, girata da grande attaccante e risultato che torna in parità. La gara rimane equilibrata, e al 17' c'è un episodio che fa discutere: Pinilla a palla lontana dà una manata a Stankovic, rischiando un rosso che però non arriva, sostituito da un giallo quantomeno discutibile. La gara non è spettacolare, con un Cagliari ben organizzato e molto aggressivo soprattutto in mezzo e l'Inter che soffre a creare gioco con un Forlan irritante e mai in partite e Zarate che pur essendo l'unico dalla "giocata facile" è troppo intermittente. I nerazzurri vanno spesso in difficoltà soprattutto dal lato di Forlan, dove Cossu dà grattacapi muovendosi tra le linee senza dare riferimenti e Pinilla è mobilissimo e sempre pericoloso.

L'ultima emozione nerazzurra del primo tempo è data da un colpo di testa di Cambiasso, che ben imbeccato da Guarìn impegna Agazzi in calcio d'angolo, mentre il Cagliari risponde con un bel destro di Nainggolan che chiama all'intervento Castellazzi.

Nella ripresa, dopo dieci minuti Stramaccioni decide che l'autonomia di Guarìn è finita e manda in campo Poli, mantenendo comunque l'assetto di partenza. I sardi, sempre ben messi in campo e decisamente in partita, trovano il raddoppio al 16': cross di Conti, Pinilla schiaccia di testa e fa esplodere la curva rossoblù. L'esultanza del cileno, già ammonito, costa però carissima a lui e al Cagliari: la tolleranza zero per chi decide di togliere la maglia dopo una rete costa il secondo giallo e la conseguente espulsione al bomber, che lascia i suoi in inferiorità numerica per quasi mezz'ora.

Per fortuna, anche nel nulla prodotto nel secondo tempo, questa è un'Inter che sa reagire: passano solo tre minuti, e Cambiasso trova la rete del pari in mischia, aprendo scenari di rimonta che purtroppo non si concretizzeranno. Strama butta dentro anche Pazzini per l'inutile Forlan, ma il Cagliari si compatta dietro e rintuzza facilmente ogni attacco nerazzurro. L'ultimissimo brivido arriva proprio su un colpo di testa del Pazzo, che su cross di Obi per poco non sfrutta al meglio il "buco" di Agazzi in uscita. Sarebbe stato forse troppo per quanto si è visto in campo, ma questo è un altro treno per l'Europa perso irrimediabilmente. Ce ne saranno altri?

TABELLINO


CAGLIARI-INTER 2-2

MARCATORI: Astori (C) al 5', Milito (I) al 6' p.t.; nel st 16' Pinilla (C) al 16', Cambiasso (I) al 19' s.t. 

CAGLIARI (4-3-1-2): Agazzi; F. Pisano, Canini, Astori, Agostini; Ekdal (dal 38' st Perico), Conti, Nainggolan; Cossu (40' st Nenè sv), Ribeiro (27' st Ibarbo), Pinilla. (Avramov, Ariaudo, Bovi, Larrivey). All. Ficcadenti.

INTER (4-3-3): Castellazzi; Zanetti, Ranocchia, Samuel, Chivu; Guarin (11' st Poli), Stankovic (38' st Obi), Cambiasso; Zarate, Milito, Forlan (32' st Pazzini sv). (Orlandoni, Cordoba, Nagatomo, Palombo) All. Stramaccioni.

ARBITRO: Guida di Torre Annunziata.

NOTE: Espulso Pinilla al 18' st per somma di ammonizioni. Ammoniti: Conti per comportamento scorretto, Stankovic, Zarate e Forlan per gioco falloso. Angoli: 9-4 per l'Inter. Recupero: 0 e 3'.

Antonio

venerdì 6 aprile 2012

Il Giudice Sportivo colpisce ancora. L'incredibile caso di Pecorini

Il Giudice sportivo, letti gli atti ufficiali (referti dell’Arbitro, di un Assistente e del Quarto Ufficiale) relativi alla gara Soc. Ajax – F.C. Internazionale, finale del torneo The NextGen Series, disputata a Leyton (Inghilterra) il giorno 25 marzo 2012, trasmessi dalla Football Association alla F.I.G.C. in data 30 marzo 2012,
delibera
1. di sanzionare ex art. 19 n. 4 lettera d) CGS il calciatore Simone PECORINI (Internazionale) con la squalifica fino al 31 dicembre 2012 per avere, al termine della gara,
fronteggiato con atteggiamento aggressivo l’Arbitro, afferrandogli il volto con entrambe le mani e spingendolo con veemenza all’indietro;

Il filmato dell’accaduto è questo. Il momento incriminato è dal minuto 6.15 in poi.

L’avete guardato attentamente? Bene. Il referto parla di “atteggiamento aggressivo verso l’Arbitro, afferrandogli il volto con entrambe le mani e spingendolo con veemenza all’indietro”. Dov’è l’atteggiamento aggressivo? A me sembra più che vada a prendere in giro il direttore di gara. Non è chiaro se afferri o meno il volto dell’arbitro mentre sinceramente fatico a vedere la spinta veemente all’indietro.
Inoltre se, come i media nostrani hanno cercato di farci credere, la Next Gen Series è un torneo non ufficiale, non riconosciuto e che non conta nulla perché la sanzione deve essere così duramente afflittiva nei tornei della FIGC?
La risposta ha un nome e un cognome: Gianpaolo Tosel. Il Giudice Sportivo italiano non ha simpatie nerazzurre (anzi, direi che nutre una forte antipatia nei nostri confronti) e non manca occasione per rimarcarlo. Il doppiopesismo con cui giudica i giocatori a seconda che vestano oppure no la maglia nerazzurra è ben nota e, se ce ne fosse bisogno, lo ha ribadito per l’ennesima volta.
Un’ultima domanda: in tutto questo la società che fa? Si limita al solito ricorso? Non è venuto il momento di farsi sentire? Presidente non lo crede anche lei?
Entius
giovedì 5 aprile 2012

Bisogna saper perdere


Forse sarebbe ora che dalle parti di Milanello cambiassero l’inno ufficiale e lo rimpiazzassero con il titolo della canzone dei Rokes “Bisogna saper perdere”, presentata a Sanremo nel 1967 in coppia con il grande e compianto Lucio Dalla.

Già sabato scorso si erano esibiti nel “taroccamento” fotografico più veloce della storia facendo girare a meno di un’ora dalla fine della partita col Catania un’immagine chiaramente alterata del presunto gol non concesso a Robinho e postandola sul loro sito ufficiale oltre che sugli I-Pad e I-phone dei vari dirigenti; il problema è che le cose fatte in fretta solitamente non vengono fatte con la dovuta cura e attenzione. Così risultava che i pali della porta erano uno il doppio dell’altro, che la linea di porta in prossimità del pallone era stranamente scolorita, che il pallone stesso risultava un incrocio fra quello da calcio e quello da rugby e che il difensore respingente del Catania aveva un culo che sembrava quello dell’ ippopotamo Pippo della Lines, data anche la conformità cromatica.

Siamo alla mistificazione totale della realtà, dato che bastava vedere anche un solo replay per rendersi conto all’istante di come la palla non avesse varcato INTERAMENTE la linea di porta; “conditio sine qua non”, lo rimarchiamo ancora una volta, perché il gol possa essere ritenuto tale. Quel che è peggio è che, come al solito qui in Italia, in particolar modo trattandosi della squadra che più di ogni altra ha la possibilità di sostenere mediaticamente un’operazione del genere, più di un soggetto si è fatto trovare subito pronto ad avvallare questa tanto maldestra quanto vergognosa mistificazione. Non c'è più nessun ritegno e scrupolo a far passare una “balla” così gigantesca come verità assoluta, dato che i precedenti in campo sportivo e non (ahimè) in questo Paese non mancano di certo; questa è la realtà più amara che si evince da questa ennesima disdicevole vicenda. Il grande Milan non sopportava di avere perso due preziosi punti sulla strada che porta alla conquista dello scudetto e, probabilmente ancora imbufaliti per il gol incredibilmente non concesso a Muntari contro la Juve (quella volta con tutta ragione ovviamente), hanno pensato bene di costruirsi una loro verità da dare in pasto alle molte persone pronte a farla loro nonostante l’evidenza contraria.

Non conta nulla che il Catania abbia meritato ampiamente quel risultato, come non conta nulla che alla bella squadra di Montella e Pulvirenti sia stato annullato un gol che verrà annullato sì e no una volta su cento (fuorigioco di rientro centimetrico di Bergessio che tocca il pallone a Gomez il quale segna in posizione perfettamente regolare): la cosa importante era lamentarsi e portare una prova, non importa se fasulla, a supporto di tale lamentela. Così come nulla importa se solo sei giorni prima nel quarto di finale d’andata di Champions al Barcellona fosse stato negato un rigore clamoroso (ancora di più se si considera la presenza di un arbitro di porta a un metro dall’azione) più un altro che poteva tranquillamente essere concesso senza suscitare scandali particolari (Mesbah su Puyol); così come non importa se il loro allenatore ha clamorosamente “cannato” sia la formazione iniziale, regalando il controcampo al Barça schierando solo tre centrocampisti di ruolo uno dei quali (Seedorf) corre sì e no come me, sia le sostituzioni (quella di Pato tanto inopportuna quanto imbarazzante e deleteria); così come non importa che per l’ennesima volta il loro giocatore più prestigioso si sia dimostrato un coniglio bagnato quando si tratta di affrontare un avversario molto forte in un occasione molto importante (noi dell’Inter ne sappiamo qualcosa al proposito).

La causa principale dell’eliminazione contro una squadra che nel computo delle due partite si è dimostrata decisamente superiore è stata, almeno secondo i loro dirigenti più rappresentativi (ci devo mettere anche “Barby” Berlusconi ?) un rigore concesso dall’arbitro olandese reo di non avere fermato subito Nesta prima che entrasse in gioco il pallone , il quale, poverino non ha trovato di meglio che aggrapparsi alla maglia di Pique come una cozza ad uno scoglio e sotto gli occhi del medesimo arbitro che era a tre metri da loro con visuale perfetta. E anche in questo caso potendo contare sul supporto di vari media, primo fra tutti il maggior quotidiano sportivo nazionale di colore rosa che ormai è diventato il loro organo di stampa ufficiale. Il Milan non ha tutto sommato sfigurato nella doppia sfida, l’ha tenuta addirittura aperta più a lungo di quanto molti si sarebbero potuti immaginare: questo è stato possibile anche grazie al fatto che le più evidenti sviste arbitrali siano avvenute a suo favore in casa, quando la concessione di un paio di rigori agli avversari avrebbe reso quasi inutile la partita di ritorno. Ma questo fatto è stato “resettato” in sei giorni ed è stato molto facile e comodo addossare le maggiori responsabilità della sconfitta sul direttore di gara dell’altra sera, senza considerare che avere favori contro il Barcellona è già un vantaggio sul quale in pochi hanno potuto contare; per informazioni chiedere all’Arsenal e al Chelsea, per fare i primi due esempi che mi vengono in mente.

Non avere la cultura della sconfitta è tipico della nostra mentalità di italiani, ma soprattutto di quella dei rappresentanti di un paio di squadre con la maglia a righe e che non rispondono al nome di Inter F.C. Su quella a righe bianconere gli esempi si sprecano e sono recentissimi, mentre per quanto riguarda quella rossonera mi piace ricordare gli episodi di Marsiglia e di Bergamo. Nel primo caso si trattava di una partita di Coppa i Campioni del 1991 e il Milan era praticamente eliminato: lo “zio Fester” irruppe in campo e ritirò la squadra perché a novantesimo minuto già scoccato si era spenta la luce di uno dei quattro piloni agli angoli del rettangolo di gioco, anche se le luci avevano ripreso a funzionare dopo un paio di minuti, anche se parzialmente; emulò così uno sceicco (non dico altro) che era entrato in campo per ritirare la nazionale del Kuwait contro la Francia ai Mondiali del 1986. Oltre a una figuraccia vergognosa in mondovisione e a un anno di squalifica nelle coppe europee, quella partita segnò la fine del ciclo del Milan di Sacchi.

Questa figura “barbina” era stata preceduta da quella del Gennaio 1990 in una partita di coppa Italia Atalanta-Milan e che i bergamaschi stavano vincendo 1-0 (risultato che avrebbe eliminato il Milan di Sacchi che puntava a vincere tutto); il povero Borgonovo restò a terra e Stromberg buttò la palla in fallo laterale. Invece di restituirla, con tutta l’Atalanta ferma, Rijkaard la passò a Massaro, che crossò in area dove un incredulo difensore dell’Atalanta trattenne platealmente lo stesso Borgonovo: l’arbitro fu praticamente costretto a fischiare il rigore e Franco Baresi, che avrebbe potuto anche sbagliarlo, lo tirò come se fosse una finale di Coppa Campioni con il Milan che così passò il turno. Sarà perché noi siamo fisiologicamente più abituati a perdere, o perché nel nostro DNA vi è insita una certa autoironia, o perché i nostri dirigenti sono sempre stati forse un po’ meno capaci ma sicuramente più signori: fatto stà che noi di figure di m.... del genere non ne abbiamo mai fatte, almeno finora, e non siamo mai andati in serie B per scandali e irregolarità più o meno gravi. Avremo vinto un pò meno, ma noi siamo fieri e orgogliosi di questo e ringraziamo i nostri dirigenti e i nostri giocatori del comportamento che hanno sempre tenuto.

Piccola nota a margine: ieri l'Alta Corte del CONI ha confermato la radiazione a vita per Moggi, Girando e Mazzini, nonostante qualche fenomeno si fosse prodigato a pronosticare il contrario. E' la diciottesima sentenza contraria a Moggi e alla Juve: 18 avete capito? 18 come il numero degli scudetti vinti dall’Inter: prendetene tutti buona nota!

Alex
mercoledì 4 aprile 2012

Uscire A TESTA ALTA, roba per pochi eletti..

Photocredit Interistiorg (era troppo geniale per non rubarla)
Chi legge questo blog senza dubbio ha avuto modo di notare che generalmente, di quello che accade in casa d'altri, ci interessa davvero poco. Certo, sarebbe ipocrita dire che eventuali scivoloni della coppia biancorossonera ci lasciano indifferenti, ma da qui a tirarne fuori materiale per i nostri articoli ce ne passa. Preferiamo, da sempre, parlare di Inter senza comunque disdegnare sfottò, ironia, e tutto quello che rientra nel nostro essere maledettamente e orgogliosamente nerazzurri DOC.

Ieri sera però è accaduta una cosa particolare, troppo particolare per non meritare di essere discussa anche da noi. E' successo, in breve, che una squadra è stata letteralmente presa a pallonate da un'altra, ma alla fine di una contesa sbilanciata in modo imbarazzante verso la sponda catalana, la frase che rimbalzava praticamente ovunque, da Sky a Mediaset passando per le reti minori era sempre e solo una: "Eliminati sì, ma A TESTA ALTA".

A TESTA ALTA. Lo senti dire una volta, pensi di essere semplicemente assonnato dopo una dura giornata, poi però lo senti altre tre, quattro, cinque volte, fino a vedere il titolone sbattuto sulle prime pagine dei quotidiani, e allora capisci che è tutto vero. Gente, questi sono usciti dalla Champions League a testa alta.

Preso atto dell'opinione generale, ed avendo visto ogni singolo minuto del doppio confronto tra quelli col DNA europeo e la formazione più spettacolare che la storia del calcio ricordi, mi sono arrovellato per cercare di elaborare questo concetto coniugando quanto visto in campo con l'output fornito da stampa e media, il tutto ovviamente senza prostituzione intellettuale. Bè, la conclusione a cui sono arrivato è la seguente: se contro il Barça difensivamente più distratto della sua storia recente non vedi palla per 160 minuti su 180, vieni graziato a San Siro da un arbitro "casalingo", e al Camp Nou prendi tre pere che potevano essere cinque o sei senza opporre resistenza, trovando un gol quasi casuale nell'unica azione d'attacco offerta alla platea, allora sei uscito A TESTA ALTA.

E soprattutto, sei stato maledettamente sfortunato, perchè chi se ne frega del 62 a 38 di possesso palla, dei 18 tiri a 2 complessivi (17 a 1 in porta), quando alla fine l'eliminazione passa per un rigore discutibile? In fondo, la partita è girata lì, senza quel rigore probabilmente i rossoneri avrebbero iniziato a macinare il gioco spumeggiante di cui sono maestri e il Barça si sarebbe schiacciato nella propria metà campo finendo 'matato' sotto i colpi di Ibra 'Supremacy', che invece si è depresso e per una volta non ha lasciato il segno in Europa.

Noi purtroppo non siamo mai usciti A TESTA ALTA negli ultimi due anni, e di questo ce ne rammarichiamo ancor oggi che l'ultima botta è fresca e non si è del tutto riassorbita. Eppure dopo lo shock contro il Marsiglia qualcuno ci ha anche provato a sussurrare quella frase, ma noi sappiamo benissimo quanto assurdo sia dire una cosa del genere se in fondo, quella qualificazione non l'hai meritata per nulla. Marsiglia e Schalke non sono il meraviglioso Barça di Guardiola, bensì due squadre di mezza tacca puntualmente eliminate subito dopo essersi cosparse di gloria contro di noi, e pertanto aver ceduto a loro il passo non fa onore a quella storia che per fortuna abbiamo e non è neanche troppo datata come ad esempio quella di chi ha festeggiato una coppa nel 1996 e pensa ancora che sia roba recente.

La realtà è che questo Barcellona nella sua eccezionale scalata alle vette più alte si è fermato solo una volta. Si è schiantato, arenato contro una squadra che ha giocato una gara ai limiti della perfezione calcistica, riducendo Messi ad un comune mortale e rispondendo al gioco degli azulgrana con un calcio propositivo, aggressivo, letale, per poi offrire una prova difensiva maiuscola al ritorno giocando per quasi 80 minuti con un uomo in meno. Lo sa Guardiola, che non ha perso occasione per sottolineare la grandezza di quella squadra, lo sanno quelli che capiscono di calcio, lo sanno un pò meno (o forse lo sanno anche loro in fondo) quelli che da quel maggio 2010 sono usciti col fegato a pezzi.

Ecco, che qualcuno offra una prestazione come quelle eroiche dell'Inter di Josè, e poi se il campo dovesse comunque dire 'pollice verso', potrà davvero uscire dal campo A TESTA ALTA. Solo in quel caso però, perchè a farsi prendere in giro per 180 minuti, dopo averlo già fatto per altri 180 nel girone eliminatorio, sono bravi tutti. Anche quelli senza il DNA europeo.

Antonio
lunedì 2 aprile 2012

Il gioco nerazzurro dello STRA-: da Stramaccioni a StraMOUccioni

Strama-Mou: realtà o gioco giornalistico?
Stramaccioni ha, finalmente dopo tanta attesa, debuttato sulla panchina nerazzurra e, come ha detto stamani il presidente Moratti, non è stato un debutto banale. Il 5-4 sul Genoa è stato un vero STRApazzo per noi nerazzurri, oramai abituati alla deludente noia dell'Inter di Ranieri. Un'Inter STRAripante per un un tempo, che è riuscita a STRApazzare i rossoblu, creando un gioco che, per gli standard annuali, è stato a dir poco magiSTRAle. Devo ammettere, ma credo che siano in tanti i tifosi interisti a doverlo ammettere, che vedere la squadra correre e giocare con questa intensità mi ha davvero lasciato STRAnito: come è possibile che gli stessi uomini che, finora, avevano corso poco e male, ieri siano riusciti a giocare con tanta presenza per tutti i novanta minuti più recupero? Stramaccioni è riuscito in quell'arte che, nel gergo letterario, viene definito "STRAniamento": con procedimenti stilistici ed espressivi, da vero STRAtega, ha indotto noi osservatori in una percezione non abituale della realtà, rivelandone aspetti nuovi o inconsueti.
L'Inter non è morta quindi, ma non è neppure rinata: è soltanto una squadra vecchia che ha ancora qualcosa da dare. Ci sono giocatori effettivamente STRAcotti, come Lucio, anche ieri a tratti imbarazzante, ma ci sono giocatori che erano semplicemente STRAstanchi, come Cambiasso, che è da molto tempo che diciamo che meriterebbe un pò di riposo più frequente e ieri ha solamente dato ragione a questa tesi dimostrando che, affiancato da giocatori che lo aiutano, può dare ancora tantissimo. La gestione Ranieri poteva lasciare STRAscichi importanti, ma in realtà il tecnico ex Primavera ha dimostrato di poter STRAvolgere tutto cambiando, in fin dei conti, poco. Non ha fatto scelte STRAmpalate e non ha neppure rivoluzionato la rosa nerazzurra, ma ha soltanto provato a tirare fuori qualcosa di diverso dai giocatori: concentrazione, energie, maroni. Nella ripresa siamo calati, è vero, ma va anche detto che abbiamo subito tre gol da rigore ed uno per un'azione di culo loro, nata da calcio d'angolo, quindi aspetterei a valutare in modo negativo il lavoro difensivo svolto da Stramaccioni e dai ragazzi, almeno fino alla prossima partita, in cui si potrà fare qualche valutazione in più.
Prima pagina Tuttosport: STRAMALA.
Di certo però l'atteggiamento della squadra esce STRAvolto dalla prima partita in cui il tecnico romano s'è seduto sulla nostra panchina ed alcune sue scelte STRAtegiche hanno pagato pienamente. Quali? Beh, in primis, senza ombra di dubbio, la scelta di dare fiducia a Zarate rilanciandolo dal primo minuto: l'argentino ha fatto STRAbuzzare gli occhi a tutti noi i tifosi, presenti allo stadio e non, con buone incursioni, tanta sostanza e quel gol da grande giocatore. L'attaccante ha STRApazzato la difesa genoana (non di altissimo livello a dirla tutta) e con Milito è stato una spina nel fianco costante per Kaldze&Co. Meno positiva, ancora una volta, la prestazione di Forlan invece, che certe volte mi viene voglia di STRAngolare metaforicamente...non riesco a capire per quale assurdo motivo la porta, per lui, sia un optional del gioco calcio! Ma torniamo alle note positive. A centrocampo, ancora una volta, è Poli a ergersi a migliore in campo (anche se, ripeto, anche Cambiasso è stato sontuoso ieri) con tanti palloni STRAppati agli avversari e rigiocati con intelligenza. Bisogna dare fiducia al ragazzo e assegnarli anche qualche responsabilità in più, magari provandolo come regista davanti alla difesa al posto di Deki, il quale, anche se ieri ha mostrato buone cose, credo non abbia più il fisico per fare quel lavoraccio, tenendo inoltre conto che non siamo la Juve, dove tutti corrono alla STRAgrande permettendo a Pirlo di lavorare con calma e quasi da fermo. Promuovendo Poli, si darebbe poi spazio all'altra nota lieta, ovvero Guarin: non è un merito di Stramaccioni il suo recupero forse, ma vederlo finalmente in campo, artefice di un'ottima prestazione, beh, porta soltanto punti al giovane tecnico romano.
Prima pagina Gazzetta: STRAMAINTER
Ma eccoci ora arrivati al punto: sicuramente è stata una buona partita, divertente, ansiolitica, da cara vecchia Inter, ma davvero, come molti giornali paiono sostenere, ieri alle 15:00 ha debuttato Stramaccioni ma, a fine partita, abbiamo potuto ammirare StraMOUccioni? Il gioco di parole è semplice e potrebbe risultare stonato, anzi, è stonato, perchè se essere tornati a vedere un'Inter pazza ci ha a tutti quanti sollevato il morale, è anche vero che una rondine (in questo caso una partita) non fa Primavera (mamma mia quanti giochi di parole!). "StraMOUccioni", "STRApazzante Inter", "STRAripanti", "Pazza Inter STRAmala"...è iniziata la gara a chi inventa il titolo più assurdo e, francamente, anche più stupido, con tutto il rispetto, perchè il rischio è di cadere in quella che veniva definita, dall'unico vero Mou, come "prostituzione intellettuale". Ora attendiamo con fiducia il seguito, sicuri che, esistendo 323 parole che iniziano con STRA-, dovremo subire ancora a lungo questo giochetto. Intanto noi ne abbiamo già usate 18...lasciamo agli altri l'uso delle restanti 305 con sommo piacere.

Andrea - Inter Cafè